I mesi di maggio e giugno di ogni anno scolastico hanno qualcosa di particolare, perché ti senti un po’ come quando ti si propone una gita nel posto più noioso del mondo però tu ci vai lo stesso, se non altro per la soddisfazione di poterti lamentare con una certa cognizione di causa, e poi soprattutto per la compagnia e per il viaggio in bus, che compensano il resto.

Una gita nel posto più noioso del mondo: a partire da maggio in poi, infatti, tu, studentessa media, hai almeno quattro o cinque verifiche a settimana, per cui non ti si può parlare (in famiglia lo sanno e stanno a debita distanza), sei perennemente stanca (il letto è ormai un miraggio e spesso è anche inavvicinabile a causa della montagna di quaderni aperti sopra) e, come se non bastasse, non riesci a concentrarti. Ogni due righe lette ti imbarchi automaticamente per un viaggio mentale diverso: tutt’a un tratto, per esempio, quel cassetto che non apri da tre anni è necessariamente ed improrogabilmente da riordinare, ora. Inoltre, ti viene in mente che dovresti proprio riprendere lo strumento che suonavi quando eri piccola ed è vitale anche che tu capisca come cucinare del sushi, perché ne hai una voglia incredibile; ricercare quel DIY su Instagram che insegna come chiudere al meglio una scatola di cereali e che un mese fa, quando l’hai visto, ti eri dimenticata di salvare, poi, insieme alla scelta di una nuova cover per il cellulare su Amazon, è una priorità assoluta e, mi raccomando, non dimenticare di aggiungere al carrello degli acquisti anche un puzzle monocolore di duemila pezzi, perché si sa, hai sempre amato farli. In più, non sai davvero come hai fatto a vivere fino ad ora senza avere mai compreso quale fosse l’ascendente del tuo segno zodiacale e, dulcis in fundo, hai pensato che ti piacerebbe proprio prendere un altro cane oltre ai tre che già hai (ma anche un pappagallo come quello della tua vicina non sarebbe male).

Insomma, il tuo stress è ai massimi livelli, la tua produttività ai minimi storici.

Però, c’è un però: per cominciare, un po’ sei contenta di poterti lamentare a ragione e di poterti così sentire per un attimo un’eroina tragica vittima di un mondo che non la compatisce; inoltre, l’adrenalina in corpo e l’andare avanti per inerzia hanno… un certo fascino, ecco (Nel breve periodo, s’intende: masochisti sì, ma non esageriamo). Infine, proprio come in una gita, l’aspetto migliore è la compagnia: effettivamente, siete “tutti sulla stessa barca” (su un mare in tempesta, ma dettagli), quindi vi sentite anche un po’ più amici e tutto si fa più divertente anche perché persino i professori stanno perdendo progressivamente la capacità di mantenere quel loro altero rigore. E, comunque, siete anche consci del fatto che prima o poi le verifiche finiranno e arriverà l’ultimo giorno di scuola: una volta entrati dal retro per evitare di essere bagnati (spoiler: non funziona), vi scambierete gli ultimi saluti per poi scendere in cortile e godervi la giornata insieme a tutte le classi; leggerete con un certo divertimento le frasi sulle magliette delle quinte, ascolterete il discorso della Preside, poi partirà il countdown e, in questa atmosfera di festa (che non si respira esattamente tutto l’anno all’Ancina) vi sentirete più che mai parte di qualcosa, al punto che quasi vi dispiacerà non entrare più al liceo per tre mesi o terminare il vostro percorso.

Quest’anno, invece, è tutto così strano: è una fine… “senza fine”. Il velo di malinconia che la accompagna è più spesso degli altri anni perché, anche se da un lato sai che voi, in quanto studenti, siete stati fortunati rispetto ad altre categorie e non dovreste lamentarvi troppo, dall’altro non puoi non pensare a come il virus vi abbia privato di una parte importante dell’adolescenza. Hai sentito questi mesi scappare, scivolare tra le dita senza poterli vivere a pieno e adesso tocca anche all’ultimo giorno. Ti tornano in mente le immagini dell’8 giugno 2019, pensi al senso di appartenenza che ti aveva pervaso e hai voglia di ripercorrere i corridoi della scuola.

Quando si potrà rientrare, pensi, lo farai con un altro spirito: ti riprometti che non ti lamenterai più dell’Ancina e neanche litigherai con i tuoi compagni di classe per i turni… ok, non ci siamo. Ripartiamo: ti riprometti che… niente, non ti riprometti niente e sai che di fronte agli altri farai pure un po’ la dura sostenendo che la DAD, in fondo, era mille volte meno stressante della scuola vera perché almeno ti potevi svegliare alle nove meno cinque invece che alle sei e mezza, però sai anche che, quando salirai di nuovo quei sei

 (o, nel tuo caso, sessanta… avevi dimenticato il trauma di raggiugere il secondo piano?) scalini, ti spunterà un mezzo sorriso e non potrai fare a meno di constatare che è qui, nonostante tutto, il tuo posto: non cambieresti scuola per nulla al mondo.

Un’alunna di quarta