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I Segnalibri
Camilla Lamberti, III B Liceo delle Scienze Umane – ” Il giardino di Amelia”
“Lui come te credeva nella libertà.”
Secondo me è una delle frasi più significative del libro. Al giorno d’oggi è difficile sentirsi e sapersi completamente liberi, e questo accade perché viviamo in una società che ci tiene al guinzaglio. Parliamo di libertà come diritto di tutti, quando sappiamo che molto spesso e in molti paesi quest’ultima è minima o, ancor peggio, inesistente; basti pensare a quei paesi orientali dove le donne non hanno diritto di voto , non possono guidare l’auto o semplicemente uscire di casa senza il consenso dei mariti.
Non c’è certo bisogno di andare fino in oriente per verificare l’assenza di libertà, perchè la possiamo trovare molto più semplicemente nelle nostre piccole comunità: non si ha la libertà di esprimere la propria opinione senza essere screditati o accusati; non si è liberi , spesso e volentieri, di amare chi si vuole senza temere di rendere pubblico il proprio sentimento, per timore di atti di bullismo. Sono esempi semplici, ma mi chiedo : se è così facile trovare situazioni in cui siamo privati dal nostro diritto di essere liberi e di esprimerci liberamente, come possiamo credere di vivere in una società pronta e aperta al cambiamento e all’innovazione?
Camilla Lucchesi, III B Liceo delle Scienze Umane – ” Il giardino di Amelia”
«Non smetteremo mai di esplorare e alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta» – T.S. Eliot
Dal “Giardino di Amelia” ho tratto questa citazione del grande scrittore Thomas Stearns Eliot, che ci insegna una lezione importante: anche se gireremo il mondo, faremo carriera, avremo una vita apparentemente perfetta, non ci “allontaneremo mai veramente da casa, mai veramente da noi stessi”, perché noi siamo quello che siamo e nulla ci potrà mai cambiare.
E se anche un giorno dovessimo mai perdere la retta via, la nostra coscienza verrà a bussare alla nostra porta.
Cristina Mazzone, III B Liceo delle Scienze Umane – ” Il giardino di Amelia”
«Se respirando la sua aria se la sentiva entrare densa nei polmoni voleva dire che questa era la sua aria. ‘Respirala tutta se ti senti sola’ , disse fra sè.»
Questa frase mi ha colpito molto perché mi ha fatto riflettere su quanto una persona possa sentirsi legata al proprio luogo di origine e quanto sia doloroso essere separato forzatamente da esso, anche solo per brevi periodi. L’idea, forse un po’ esagerata, che Amelia ami la Novena tanto da poter riconoscere la differenza tra l’aria della bellissima campagna e quella della città, è una splendida immagine per esprimere i sentimenti che la donna nutre per questo luogo, e ci dà una nuova prospettiva su di esso.
Nonostante la Novena non si trovi nella città natale di Amelia, la donna le è comunque strettamente legata: d’altronde è questo il luogo in cui la donna, da vedova, ha potuto riscoprire se stessa e ritrovare i propri interessi.
Quello che potrebbe essere visto come un luogo di solitudine è per lei una casa accogliente, rassicurante, dove la scarsa compagnia non le impedisce di divertirsi e sentirsi libera.
Krisela Mustafaraj, III B Liceo delle Scienze Umane – ” Il giardino di Amelia”
“Una donna sarebbe perfetta se avesse il corpo di una trentenne e lo scetticismo di una sessantenne”. L’uomo ha da sempre considerato la donna come un essere inferiore, incapace di attuare un proprio progetto di vita senza la presenza di una figura maschile al proprio fianco. Ma è davvero così? Davvero le donne sono esseri inferiori? E se così fosse, riusciamo oggi a darci delle spiegazioni? O attribuiamo un senso a queste affermazioni? Allo stesso tempo, da sempre, si cerca nelle donne la perfezione: una donna dal corpo segnato da gravidanze o problemi di salute non viene considerata una donna esteticamente piacevole o, più semplicemente, bella. Ma bisogna avere un fisico perfetto per essere considerate belle?
Leggendo “Il giardino di Amelia” ho trovato molte risposte a queste domande. Il modo in cui la protagonista, Amelia, affronta la vita dopo la morte del marito, il suo modo di intraprendere una relazione con Miguel sono molto evocativi, in quanto inducono ad immaginare un’Amelia dalle spalle larghe, coraggiosa ed empatica; a tratti, mi rispecchio in lei. Un fatto che secondo me è degno di nota è la concezione diversa che illibro offre riguardo alla bellezza di una donna: il rapporto tra Amelia e Miguel nasce e si sviluppa grazie alla lettura di alcuni libri, e questo mostra che quando si ha una buona formazione culturale, la bellezza esteriore passa in secondo piano.
Sindi Sucaj, III B Liceo delle Scienze Umane – ” Il giardino di Amelia”
“Quando penso a tutte le cene cui ho partecipato, a tutti i neuroni che ho logorato, a tutti gli sforzi per ascoltare chiacchiere di cui non m’importava un fico secco, sempre e solo per connettermi con gli altri.”
Ho voluto mettere un segnalibro a questa frase, in quanto mi ha colpita l’idea della protagonista, che considera la solitudine un modo per fuggire da una realtà, che a quanto pare sembra starle stretta; quindi, non contempla l’idea di essere parte integrante di un gruppo. Personalmente non mi rispecchio del tutto in questa frase, perché penso che ciascuno di noi abbia sempre bisogno di un contatto con le altre persone, per aiutarle ed essere aiutato da loro. Queste parole sono forse quelle di una donna ferita, che ha scelto di estraniarsi dalla società.
Ilaria Sacco, III A Liceo delle Scienze Umane – “Il giardino di Amelia”
“(…)una donna sarebbe perfetta se avesse il corpo di una trentenne e lo scetticismo di una di sessanta(…)”
Ho sottolineato questa frase per il fatto che tratta un argomento molto discusso, cioè l’aspetto esteriore, ma allo stesso momento l’aspetto interiore. La donna che pronuncia queste parole è una signora, vedova, non più giovane, con una vita alle spalle piuttosto travagliata. Mi ha colpito molto che lei volesse intendere di voler avere comunque la stessa mentalità acquisita con l’esperienza e gli anni, perché di solito quando si vuole ritornare ad avere un’età più giovane si tende a volere anche la stessa spensieratezza e le stesse illusioni/speranze per il futuro. Inoltre Amelia, la donna di cui parla la storia, non sembra particolarmente avversa al proprio aspetto esteriore; certo si tiene curata, ma non ha dei rimpianti o la voglia di tornare ad avere un aspetto più giovane: si trova bene con se stessa. Ma forse, con questa affermazione Amelia voleva intendere la frustrazione dovuta all’età e al proprio aspetto, che lei sente ma non mostra; può essere un pensiero che viene in mente solo se si vive una lunga vita, grazie alla quale si impara l’importanza del tempo. In particolare mi è rimasta impressa questa frase: “Credimi, non mi ero mai preoccupata del tempo, forse perché non mi rendevo conto che corresse tanto in fretta. E così adesso non so se aggrapparmi all’orologio nuovo o buttarlo via.” In questo libro si può notare chiaramente l’importanza del tempo, che corre veloce per tutti, non importa se si è un uomo in fuga dalla legge o una donna senza problemi economici, ma molti ricordi nel cuore.
Il libro mi è piaciuto. Non è un libro semplice, ma nemmeno impraticabile: i personaggi non sono immediatamente chiari, bisogna continuare a leggere e a mettere ogni tassello al posto giusto. Per capire l’affermazione di Amelia sul tempo e sull’aspetto esteriore non si può solo leggere un “Segnalibro” o un riassunto, ma occorre immergersi nella storia immedesimandosi in personaggi molto particolari e distanti dalla nostra realtà. Ho capito cosa può provare una donna di una certa età e allo stesso tempo il pensiero di un uomo con un pensiero univoco; è incredibile come queste due personalità diverse e per qualche verso contrastanti si trovino ad avere lo stesso amore per la cultura e i libri. Mi ha colpito la vivacità di Amelia quando aiuta Miguel senza chiedergli nulla in cambio, solo la sua compagnia, e allo stesso tempo lo stupore di lui, che iniziava a capire che il suo legame con Amelia diventava più profondo del previsto. Anzi, devo ammettere che se non avessi saputo l’età della donna, da come l’ha rappresentata Marcela Serrano io non avrei subito capito la sua età; forse può essere ancora un riferimento al tempo, che per certi versi è impossibile da afferrare e per altri troppo lento da far passare?
Giorgia Barra, III A Liceo Scientifico – ” Il giardino di Amelia”
“Mi piace tirare tardi, ma soprattutto con i miei libri. O a volte con qualche film in televisione. Sapessi quante vite vivo! Se non leggessi, dovrei farmi bastare la mia vita e per quanto divertente possa essere, è sempre soltanto una. Troppo poco per me.” – Pag. 71
Ho scelto questa citazione come segnalibro perché per me è significativa. Infatti, come la protagonista, quando leggo un libro mi capita di perdere il senso del tempo e di non sentire neanche la necessità di dormire. Spesso mi immedesimo nella vita dei protagonisti e mi sembra di vivere io le loro esperienze. Leggendo si possono provare emozioni uniche, che nella vita probabilmente non potremmo mai sperimentare. Inoltre i libri mi portano in posti mai visti, è come se li avessi realmente visitati: posso in questo modo conoscere il mondo. A volte la lettura diventa per me un rifugio sicuro che mi consente di scappare dalla vita quando questa diventa ostile. Quindi, come dice Amelia, i libri sono per me dei mondi paralleli, che mi permettono di vivere mille vite oltre la mia.
Carola Pelazza, III A Liceo Scientifico – ” Il giardino di Amelia”
“Mi piace tirare tardi, ma soprattutto con i miei libri. Sapessi quante vite vivo! Se non leggessi, dovrei farmi bastare la mia vita e per quanto divertente possa essere, è sempre soltanto una. Troppo poco per me.”
” Imparo più cose sulla natura umana dai romanzi che dalle creature in carne ed ossa . Credimi, posso scorgere la grandezza e le miserie, le luci e le ombre di ciascuno, l’ambiguità, quanto buoni e cattivi possiamo essere. Insomma, là dentro incontro la vita”
Ho scelto questa frase come segnalibro perché da sempre la penso come questa donna. Credo che grazie ai libri abbiamo la possibilità di allargare i nostri orizzonti e guardare un po’ più in là, un po’ più lontano della nostra vita. Ci si apre un mondo per ogni libro che leggiamo, un mondo però che ognuno di noi interpreta in modo diverso, ed è proprio questa la bellezza della letteratura: scoprire mondi di cui noi soli siamo a conoscenza.
Per Amelia i libri sono sempre stati una fonte di vita. In essi la protagonista si immergeva, cambiava mondo e aveva la possibilità, appunto, di vivere più vite. Questo suo amore per i libri cerca di trasmetterlo al giovane Miguel, nella speranza che ossano essergli d’aiuto nella vita, per guidarlo e formarlo. E così sarà, infatti. I libri sono dunque un’opportunità per vivere più vite in una sola; perché non approfittarne?
Sara Pettiti, III A Liceo Scientifico – ” Il giardino di Amelia”
“Io che ho sempre sostenuto che la felicità di per sé non esiste, mi sono resa conto che di fronte a un trauma la somma dei momenti felici gioca un ruolo più importante di quanto immaginassi. È una sorta di riserva. Che supplizio, Sybil! Mi contorcevo dal dolore. E non parlo di riserva morale, no, non la voglio neanche sentire quella parola, parlo di riserve fisiche ed emotive”.
Questa citazione, tratta dalla lettera che Amelia scrive all’amica Sybil dopo la prigionia, mi ha colpito molto, poiché fino ad ora ho sempre pensato che il ricordo dei momenti felici riaffiorasse solo in altri momenti felici, ma non l’avevo mai pensato come un’arma contro i momenti difficili e gli ostacoli che la vita ci pone. Però mi sono ritrovata di più nella seconda parte, quando parla dei momenti felici come riserve fisiche ed emotive per i periodi più difficili: infatti, le emozioni forti che proviamo possono anche passare, ma il loro ricordo rimarrà per sempre e sta a noi decidere quando farlo riaffiorare, sfruttandolo al meglio nei momenti di maggiore sconforto.
Quindi, dopo aver letto questa parte un paio di volte, ho cercato di farla mia e di ricordarla come un mantra da ripetere sia nei momenti felici sia in quelli più difficili, in modo tale che sia più facile superare gli ostacoli, incoraggiati dal dolce ricordo delle gioie passate.
Martina Abbà, III B Liceo delle Scienze Umane – “Il giardino di Amelia”
“ Mi piace tirare tardi, ma soprattutto con i miei libri. O a volte con qualche film in televisione. Sapessi quante vite vivo! Se non leggessi, dovrei farmi bastare la mia di vita e per quanto divertente possa essere, è sempre soltanto una. Troppo poco per me.”
Ho scelto questa citazione come “segnalibro” perché la sento molto vicino a me; è bello ogni tanto tuffarsi in un libro, in una serie tv, in un film, e vivere una vita diversa dalla propria, sognando. Non necessariamente ciò accade quando la vita reale è insoddisfacente, anzi io credo che proprio nel momento in cui la nostra vita ci rende felici, siamo più consapevoli che possiamo raggiungere traguardi e sogni più alti e quindi, abbiamo ancora più la necessità di vivere una vita diversa, non per forza migliore, e provare così sentimenti che nella realtà, purtroppo o per fortuna, non abbiamo l’occasione di provare. I libri ci possono trasmettere conoscenze ed esperienze che è difficile apprendere nel quotidiano, e che ci arricchiscono notevolmente, proprio come Amelia spiega a Miguel:
“ Eppure imparo più cose sulla natura umana dai romanzi che dalle creature in carne e ossa. Credimi, posso scorgere la grandezza e le miserie, le luci e le ombre di ciascuno, l’ambiguità, quanto buoni e quanto cattivi possiamo essere. Insomma, là dentro incontro la vita.”
Alice Beccaria, III A Liceo Scientifico – “Il giardino di Amelia”
Miguel Flores “se la prende con se stesso, timoroso di apparire moscio, debole e vittimista, tutto quello che più disprezza.”
È una realtà difficile da accettare, quella riguardante la propria persona e gli aspetti che la contraddistinguono. La prova, però, diviene incredibilmente più insidiosa quando queste peculiarità sono sfumature inaccettabili del proprio carattere: in quel momento, inizia una specie di lotta contro l’ipocrisia, o meglio, contro la convinzione di essere ipocriti per davvero.
Un giorno Miguel e la sua inquietudine entrano in un giardino. Qui incontrano Amelia, donna che si dedica spensieratamente a camelie e libri; il “mero vivere” è ciò su cui si concentra. Grazie a lei, Miguel capirà che un attimo di serenità, seppur breve, può sempre essere trovato, se solo ci si dedica all’ascolto del “mormorio della notte”.
Nicole Monchiero, III B Liceo delle Scienze Umane – “Il giardino di Amelia”
…Lei ne aveva presa una di queste ultime, la più nuova, e quasi a sua discolpa gli aveva spiegato che l’altra edizione era tutta sottolineata, sì, sottolineava i libri, come se all’interno della sua biblioteca ce ne fosse un’altra più piccola, più personale, dove le sottolineature e le annotazioni erano il segno di una lettura diversa, davvero sua, intima….
Ho individuato questa frase come ‘segnalibro’ perché mi sono ritrovata in essa. La trovo una cosa confortevole sottolineare le frasi che mi colpiscono in un libro, è quasi come se le facessi mie, come se le marcassi con un pennarello indelebile, quando in realtà é solo una leggera linea di matita. Inoltre le citazioni che sottolineo rappresentano un forte significato per me, descrivono i miei pensieri, le mie paure, la mia felicità che provo in quel momento stesso.
“Va bene, mi sforzerò di leggerlo. A dire la verità mi piacerebbe tanto prendere la versione sottolineata, così avrei una pista, una sorta di guida nella lettura.”
“No, no. Avrei troppo vergogna! Ognuno sceglie il proprio modo di leggere, è una faccenda personale e arbitraria. E poi probabilmente le mie annotazioni per te non avrebbero nessun senso.”
Allasia Valentina, III B Liceo delle Scienze Umane – “Il giardino di Amelia”
“Se non leggessi, dovrei farmi bastare la mia vita e per quanto divertente possa essere, è sempre soltanto una. Troppo poco per me.” (pag.71) Ho messo un segnalibro su questa citazione perché credo, proprio come Amelia, che attraverso la lettura di libri possiamo vivere più di una vita,ampliare i nostri orizzonti e cambiare le nostre convinzioni.
“Ma nel profondo di me stessa, laggiù dove’è difficile sbagliarsi, so che abbiamo commesso un errore imperdonabile: abbiamo abbandonato, con implacabile freddezza, mio padre nel suo dolore, l’abbiamo dichiarato morto a priori, abbiamo deciso che il suo peccato no fosse degno di grazia. In nome di chi o che cosa si può negare la benevolenza del perdono?” (pag.127) Ho messo un segnalibro su questa citazione perché mi ha fatto riflettere sul fatto che spesso non perdoniamo ma pretendiamo di essere perdonati. L’uomo ha sempre fatto difficoltà a mettere da parte l’orgoglio e perdonare ma se ci pensiamo bene non c’è un motivo valido per non farlo, anche perché tutti noi vorremo essere perdonati e non abbandonati.
Camilla Bove, III A Liceo Scientifico – “Il giardino di Amelia”
“Ma a lei cosa importa se sono contenti così?”
“Non credi che vivano in un’infelicità perenne? La felicità non esiste, se la sono inventata solo per risparmiare le forze, per abbassare il livello di curiosità.”
“Per smussare il filo del rasoio?”
“Esatto! E quando arriva una disgrazia, crollano rovinosamente. Se invece tieni gli occhi aperti, riesci ad affrontare le avversità e comprendi che cosa è necessario e che cosa inevitabile. Punto.”
Ho voluto creare questo segnalibro perché evidenzia il modo di pensare cinico che hanno molte persone nei confronti della felicità. Queste affermano che sia sopravvalutata o, come dice Amelia, un modo per anestetizzarsi dai dolori del mondo, perdendosi così anche la sua parte migliore e riuscendo anche poco nel loro intento. Insomma, credono che sia un sentimento artificioso.
Tuttavia la felicità o, meglio, il ricordo dei nostri momenti felici, si rivela un prezioso alleato nei periodi più bui della nostra esistenza, in grado di darci la forza di resistere alle avversità, a “sopravvivere finchè non ci sentiremo di nuovo vivi”. Proprio a questa conclusione giunge Amelia durante il suo periodo di prigionia, tra una tortura e l’altra, dimostrando inoltre come le esperienze traumatiche possano cambiare la gente:
“Io che ho sempre sostenuto che la felicità di per sé non esiste, mi sono resa conto che di fronte a un trauma la somma dei momenti felici gioca un ruolo più importante di quanto immaginassi. E’ una sorta di riserva.”
Alessia Olivero, III B Liceo delle Scienze delle Umane – “Il giardino di Amelia”
“Sei troppo giovane per comprendere che non può esistere un rapporto lineare, permanente e perfetto tra un uomo e una donna. Perfino quello meglio riuscito ha le sue ombre, a volte grandi e camuffate”.
Questo è il mio segnalibro; la citazione mi ha colpito particolarmente perché racchiude tutto il significato del libro, secondo il mio parare. Racchiude la sofferenza di Amelia e l’amore travagliato tra i due personaggi. In questa situazione si ritrova tutto il dolore e il tradimento di Miguel che resterà per venti lunghi anni nella sua vita, fino al perdono.
Chiara Imberti, III B Liceo delle Scienze Umane – ” Il giardino di Amelia”
“Non smetteremo mai di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al nostro punto di partenza per conoscerlo per la prima volta”.
Il riferimento riportato sopra viene citato nel romanzo “ Il Giardino di Amelia” di Marcela Serrano.
Ho scelto questa citazione di T.S. Eliot, poiché esprime la voglia irrefrenabile di esplorare, di conoscere nuovi luoghi da parte dell’uomo, anche se avrà sempre il bisogno, forse spinto da un filo di malinconia, di ritornare a casa per conoscerla meglio attraverso occhi forgiati dall’esperienza. L’individuo vedrà con occhi diversi la patria: Le piccole cose di poco conto alla partenza potrebbero diventare essenziali al ritorno.
Giorgia Ferrara, III Liceo delle Scienze Umane – ” La tentazione di essere felici”
“Un piccolo gesto che mai nessuno vedrà e che perciò assume ancora più valore” – pag. 109.
Questa è una delle frasi che ho sentito soggettivamente più vere e più vicine a me. Credo sinceramente che questa frase sia applicabile alla vita di ciascuno di noi, più di quanto immaginiamo. È importante fare del bene ed essere altruisti nei confronti del mondo, ma è altrettanto importante l’umiltà nel “nascondere” i grandi gesti compiuti, affinchè risultino ancora più veri e sinceri.
Lara Golzio, III B Liceo delle Scienze Umane – “La tentazione di essere felici”
“Me ne innamorai subito, la prima volta che la vidi. Era carina, timida ma decisa, elegante, sempre disponibile, accogliente. Ecco, questo è il termine esatto: Caterina sapeva accogliere, almeno all’inizio. E io sono sempre stato attratto da chi mi permetteva di succhiare amore senza pretendere altrettanto.” (Pag.103)
Ho messo un “segnalibro” su questa citazione perché Cesare esprime, per la prima volta nel corso del libro, ciò che prova ripensando alla moglie. In un primo momento mostra un lato dolce, nuovo agli occhi dei lettori. Poi, però, ritorna sui suoi passi e afferma di avere preso tanto da Caterina, ma di non averle dato nulla in cambio.
Credo che attraverso questa citazione si possa capire appieno come Cesare stia prendendo consapevolezza e si stia pentendo del comportamento avuto durante la sua vita.
Sofia Seghesio, III B Liceo delle Scienze Umane – “La tentazione di essere felici”
« L’essere umano è un maestro nel girare a vuoto pur di non raggiungere l’obiettivo che lo terrorizza» (pag.213)
Ho scelto questa frase poiché credo racchiuda al meglio il senso dell’intera esistenza del protagonista, Cesare Annunziata. Delinea perfettamente la figura di un uomo che nella sua vita non ha mai saputo scegliere veramente ciò che lo avrebbe potuto rendere felice e realizzato, preferendo invece – in un atto di pura codardia- rifugiarsi in una vita più comoda anche se meno soddisfacente. Cesare chiude la porta in faccia a molti sogni e quindi anche a molte persone, divenendo egoista, scorbutico e disilluso.
A far «sporcare Cesare con la vita stessa» è il trasferimento nel suo condominio della giovane Emma, una donna maltrattata dal marito, con una vita infelice davanti alla quale il vecchio Cesare non può voltare le spalle. Tale vicenda non è il fulcro del romanzo, ma costituisce un importante punto di svolta che determina nel protagonista un mutamento radicale e che lo porta a mettersi in gioco per la prima volta, non solamente in merito alla vicenda di Emma, ma anche nei rapporti con i suoi due figli, in particolare Sveva.
Matilda Crisciotti, V B Liceo Linguistico – ” La tentazione di essere felici”
Grazie alla lettura di questo libro ho avuto modo di riflettere ulteriormente su un tema a cui mi è capitato spesso di pensare: la soddisfazione personale.
“Quando si arriva alla mia età, è inevitabile un bilancio della propria vita, di quello che si è fatto e si è perso, degli sbagli commessi, delle opportunità svanite” (pagina 67).
Questa frase mi ha colpita molto perché è frutto di una riflessione di un uomo di età avanzata sulla propria vita. Molto spesso infatti immagino quando sarò io stessa a fare queste riflessioni e mi domando se, a differenza del protagonista Cesare Annunziata, potrò dirmi pienamente soddisfatta della mia vita. Questo racconto, oltre ad avermi toccata profondamente, mi ha spronata ad impegnarmi per raggiungere i miei obbiettivi e a cogliere ogni occasione ed ogni momento per sfruttare al meglio ogni opportunità. Dunque spero un giorno di poter guardare al mio passato ed essere felice, sapendo di aver vissuto pienamente e senza rimorsi.
Sara Gianoglio, V B Liceo Linguistico – ” La tentazione di essere felici”
“<<Come ho fatto a non accorgermi di nulla?>>, <<Papà, tu non la vedevi nemmeno>>. Noi per te eravamo invisibili…>>. Ci fissiamo per un lungo istante, poi, un attimo prima che le sue lacrime diventino le mie, m’infilo nell’ascensore e premo il pulsante. Una volta in strada, ho già capito una cosa: se sbagli semina, non puoi aspettarti chissà quale raccolto.” (p. 154)
Questa citazione del libro esprime il senso di rimpianto e rancore del protagonista per non aver dimostrato affetto e benevolenza al momento opportuno nei confronti dei figli e della moglie. Ora si trova di fronte alle dure conseguenze: scopre che la moglie aveva un amante, quindi un’altra vita al di fuori di quella coniugale; la figlia tradisce a sua volta il marito. Insomma, il protagonista realizza di essere stato sia un padre sia un marito assente e sprezzante e, per questo, ora, in cambio, può solo ricevere gli stessi sentimenti d’indifferenza e rancore che l’hanno caratterizzato per molti anni nelle relazioni familiari.
Carlotta Politanò, V B Liceo Linguistico – ” La tentazione di essere felici”
“Si crede di non aver bisogno di nessuno finché ci si accorge di non avere più nessuno. E quando succede, è un bel casino.” (p. 161)
Ho sottolineato questa citazione perché l’ho trovata carica di significato e soprattutto vera. La sensazione di solitudine è propria della terza età, quando ci si ritrova senza nessuno al proprio fianco, perché i figli, ormai cresciuti, hanno lasciato il nido, oppure perché il compagno/la compagna se n’è andato/a. Ma non solo le persone anziane provano solitudine: tutti, almeno una volta nella nostra vita, ci sentiamo soli, senza persone su cui fare affidamento, senza punti di riferimento. Come dice il protagonista, ognuno di noi si reputa tanto forte ed indipendente, fino a quando ci guardiamo attorno e non troviamo più nessuno, proviamo a pensare a qualcuno a cui possiamo rivolgerci, perché vogliamo parlare liberamente, sfogarci, ma non ci viene in mente una singola persona, e proprio in quel momento ci accorgiamo che in realtà abbiamo bisogno degli altri, perché non siamo in grado di vivere da soli, completamente soli. La nostra salute dipende anche dai rapporti che abbiamo stretto nella nostra vita.
“Se c’è da morire, ebbene, voglio farlo da vivo.” (p. 64)
Un’altra citazione dal profondo significato su cui ho voluto mettere un segnalibro. Questa frase non solo esprime una vitalità riscontrabile in poche persone anziane, ma presenta anche un messaggio profondo dietro a semplici parole, apparentemente banali. L’autore, attraverso Cesare, vuole dirci di non abbandonarci alla vita, ma di afferrarla finché ne siamo in grado e di continuare a sognare, sperare, amare, emozionarsi, vivere pienamente, perché la vita è “un abbaglio” (p. 129).
Aurora Bedino, III B Liceo delle Scienze Umane – ” La tentazione di essere felici”
«Quando senti quel piccolo scampanellio, solleva il capo e drizza le orecchie, dei di fronte a uno di quegli snodi invisibili e ti assicuro che a sbagliare rotta basta un attimo» (p 192)
La mia attenzione si è soffermata in modo particolare su questa frase che Cesare pronuncia tra sé e sé e dedica al nipote Federico. Il motivo principale è che sono una persona molto indecisa o che, per lo meno, si trova in difficoltà quando c’è da prendere una decisione, perciò, leggendola, l’ho interpretata come un consiglio confezionato apposta per le persone come me. Inoltre credo sia vero che ogni tanto la vita propone una specie di “scampanellio” per far sì che si scelga la strada corretta, ma sta solo a noi accorgercene e seguirlo.
«So di commettere l’ennesimo errore della mia vita, ma è l’istinto a guidarmi. È sempre stato così, nelle situazioni difficili lui mi sposta con una spallata e si siede al mio posto. Io lo lascio fare, è molto più comodo gustarsi la scena dalle retrovie» (p 147)
Ho messo un segnalibro su questa citazione perché la considero un’immagine estremamente efficace per spiegare come ci si sente quando l’istinto prende il sopravvento sulla razionalità e libera la nostra mente dai pensieri che la opprimono.
Gloria Carta, III B Liceo delle Scienze Umane – ” La tentazione di essere felici”
“Non c’è niente di peggio di una persona socievole. Cosa c’è mai di tanto spassoso nel conoscere un nuovo individuo? Tanto siamo tutti uguali, chi più chi meno, un mucchio di difetti che passeggia per strada e incontra altri mucchi simili.” (p.93)
Ho scelto di posizionare qui il mio segnalibro perché ritengo che sia una frase particolare. A questo punto della vicenda inizia a venir fuori la concezione che Cesare, protagonista indiscusso del libro, ha rispetto agli altri uomini. Egli è una persona all’apparenza dura, fredda, che non prova alcun interesse nel conoscere nuove persone. In realtà, proseguendo nella lettura, si può facilmente dedurre quanto tutto ciò sia solo una resistente corazza che utilizza esclusivamente per difendersi da probabili sofferenze (che la gente comune può provocare anche inconsciamente). Cesare Annunziata è un uomo discreto, che “vive e lascia vivere”. Tuttavia è sempre pronto a rischiare il tutto per tutto pur di aiutare gli altri. Questa sua caratteristica contrasta totalmente con la sua dichiarata indifferenza verso il mondo umano; Rossana, che ha perfettamente compreso questo lato del suo carattere, dice di lui: “Tu si’ ‘na bella persona che fa di tutto per sembrare brutta” (p.119)
Jessica Chiaramello, III B Liceo delle Scienze Umane – ” La tentazione di essere felici”
《Forse non sono così forte come voglio far credere》 pag. 105
Mi piace molto questa frase, perché, non solo rappresenta Cesare, ma rappresenta un po’ tutti noi. Infatti un po’ tutti cercano di farsi vedere forti, solo per non farsi “pestare”, buttare giù da questa vita.
Tutti in questa vita hanno delle maschere: chi si mostra debole per far pena e chi si mostra forte per non essere sconfitto da nessuno. Ma prima o poi, secondo me, arriverà qualcuno che butterà giù tutte le nostre maschere e ci farà capire che come siamo è il modo migliore di essere.
Cesare nel romanzo si mostra in modi diversi a chi non lo conosce, solo per far paura e per farsi ascoltare, il problema è che non solo con gli altri è così, ma anche con i suoi figli, causando così un’ interferenza, un blocco che li divide.
Martina Simondi, III A Liceo delle Scienze Umane – ” La tentazione di essere felici”
“Fino a che non vivi in prima persona un dolore, non lo puoi capire.” (p. 203)
“L’intelligenza è un bene prezioso e, come tale, dovrebbe avere un fine prestabilito. A noi, invece, non serve quasi a nulla, se non a inventare oggetti sempre più strambi che ci fanno illudere di essere perfetti. Non ci aiuta a capire il perché della nostra presenza sulla terra, non ci rende meno esposti di altre creature. Non fornisce risposte, anzi crea nuove domande. E troppe domande aumentano l’infelicità. Non so se in natura esistano esseri viventi, a parte l’uomo, che si tolgono la vita, ma se anche così fosse noi siamo gli unici a farlo per il male di vivere. Perché? Perché chi ci ha plasmato ha sbagliato la miscela degli ingredienti, ecco perché.” (p. 234-235)
“Ci insegnano le equazioni, “Il cinque maggio” a memoria, i nomi dei sette re di Roma, e nessuno ci chiarisce come affrontare le paure, in che modo accettare le delusioni, dove trovare il coraggio per sostenere il dolore.” (p. 237)
“Mi piace chi combatte ogni giorno per essere felice.” (p. 264)
Secondo me queste quattro citazioni sono profondamente collegate tra di loro e possono offrire diverse riflessioni. Ad esempio: a che cosa serve la nostra intelligenza? Ad aiutarci a dare delle risposte o ad aumentare le domande? A parere mio serve ad entrambe le cose, perché ci aiuta a trovare delle risposte, ma prima deve porci delle domande. Credo che le domande servano a farci vivere e comprendere, anche se non sempre, il mondo che ci circonda. Un altro punto toccato nelle citazioni, che si può benissimo ricollegare a questo, è il fatto che l’uomo sia stato plasmato da qualcuno: io seguo la teoria dell’evoluzione di Darwin, ma tanti, credenti in una religione, pensano che l’uomo sia una creazione divina, mentre altri non sanno cosa pensare, in che cosa credere. Anche queste sono delle domande, per nulla scontate, che si fa l’uomo.
Un aspetto che ho trovato frequentemente in questo libro e che anche in queste citazioni è presente è il dolore. Mi trovo molto d’accordo con la terza citazione, perché è vero il fatto che nessuno ci insegni come affrontare il dolore, però penso che questo sia utile per noi, perché così abbiamo la possibilità di crescere, maturare e crearci dei principi per vivere la nostra vita; se altri ci insegnassero a farlo, noi cresceremmo con l’abitudine che tanto ci sarà sempre qualcuno che pensa ai nostri problemi al posto nostro. Certo, per arrivare a pensare che il dolore sia utile, in una certa misura, ci vuole tempo e bisogna vivere il dolore in prima persona, perché soltanto con il racconto di altri non si riesce a capire fino in fondo cosa vuol dire, lo si può solo immaginare. Il dolore è molto utile, secondo me, perché ci permette poi di capire quali sono le cose veramente importanti e di dedicarci a quelle.
Un altro aspetto che mi ha colpito è il fatto che l’uomo possa spontaneamente togliersi la vita per il male di vivere. Molte persone possono decidere di compiere questo atto non semplicemente per il male di vivere ma perché non sono state in grado di gestire il loro dolore; io credo che esista anche un’altra possibilità: quando ci si rende conto che si sono provate tutte le strade per superare il dolore da soli e ci si accorge che non si riesce, allora, in quel caso, ci si deve ricordare che ci sono persone pronte a dare una mano e, con le domande giuste, aiutare a metabolizzare il dolore e portarlo ad un livello gestibile.
Matilde Botto, III A Liceo Scientifico – ” La tentazione di essere felici”
“Si crede di non aver bisogno di nessuno finché ci si accorge di non avere più nessuno. E quando succede è un bel casino”.
Questa frase, da ”La tentazione di essere felici”, mi è rimasta particolarmente impressa. A primo impatto sembra non possa riguardare nessuno di noi, ma purtroppo, riflettendo un attimo, ci accorgiamo di quante volte diamo per scontata la presenza delle persone che ci circondano. Troppo spesso non regaliamo un sorriso o un ringraziamento a chi ogni giorno si prende cura di noi e ci dedica il suo tempo. Pensiamo che nessuno sia così indispensabile fino al momento in cui viene a mancare la sua presenza, e allora siamo quasi costretti a renderci conto della grandezza dei piccoli gesti che abitualmente consideriamo banali. Penso che l’autore con queste parole
voglia invitarci a dare la giusta importanza alle persone che ci circondano con il loro affetto e le loro attenzioni perché, si sa, ”nessuno si salva da solo”.
Alessia Qemali, III B Liceo Scientifico – ” La tentazione di essere felici”
« Ti incateni a qualcosa o a qualcuno, ogni volta che non scegli».
Ho messo un ‘segnalibro’ su questa citazione perché condivido del tutto il pensiero espresso. Fin da bambini è necessario fare delle scelte, per quanto le circostanze possano apparire difficili e momentaneamente irrisolvibili. Non scegliere potrebbe sembrare la via più facile e lineare, ma ciò è comunque una scelta. Pertanto nella vita è inevitabile scegliere, e non facendolo, rendiamo noi stessi dipendenti da qualcosa o qualcuno.
Marta Di Tano, III A Liceo delle Scienze Umane – “La tentazione di essere felici”
Pag. 190: “Faccio una smorfia incerta, lei scoppia a ridere e mi schiocca un bacio sulle labbra. Per tutta risposta chino il capo e fingo di guardare l’orologio, per non mostrarle le mie guancie rosse.”
Secondo me, con questa espressione si identifica molto chiaramente la personalità di Cesare Annunziata. Egli, infatti, all’inizio del libro, appare come una persona scorbutica, acida e menefreghista; ma, procedendo con la lettura, si riesce a capire chi è realmente: un uomo dolce, che però si nasconde dietro alla maschera di un vecchio antipatico e cinico, per non apparire come una figura debole e attenta alle persone che gli stanno intorno.
Pag. 237: “In realtà sono molte le cose che non ho imparato e che nessuno mi ha mai spiegato. Ci insegnano le equazioni, “Il cinque maggio” a memoria, i nomi dei sette re di Roma, e nessuno ci chiarisce come affrontare le paure, in che modo accettare le delusioni, dove trovare il coraggio per sostenere un dolore.”
Secondo me, questa frase è molto significativa perché al suo interno contiene un concetto molto importante. Infatti, nella nostra società, a scuola, impariamo principalmente molte nozioni e informazioni che sono importanti per la nostra cultura, ma che poi, nella vita di tutti giorni, non sono necessarie quanto sapere come si affronta una difficoltà, un dolore… E’ anche vero che, purtroppo, come affrontare la vita non ce lo può insegnare nessuno, e non ci resta che affidarci, in questi momenti di difficoltà, alla nostra esperienza e a quella delle persone che hanno già vissuto quel particolare momento.
Anna Giulia Giraudo, III A Liceo Linguistico – ” La tentazione di essere felici”
“Finirla di mettere inutili paletti mentali. Se segui l’istinto non sbagli mai. Gli uccelli ogni anno migrano senza chiedersi il perché.” Questa frase mi ha fatto riflettere molto, perché solitamente tendo ad analizzare ogni tipo di situazione per stabilire come e se agire, talvolta rinunciando per paura delle conseguenze. Adesso invece voglio provare a comportarmi come Cesare, evitando di fermarmi a pensare in qualunque circostanza.
Lara Golzio, III B Liceo delle Scienze Umane – ” La tentazione di essere felici”
Ho messo un “segnalibro” su questa citazione perché Cesare esprime, per la prima volta nel corso del libro, ciò che prova ripensando alla moglie. In un primo momento mostra un lato dolce, nuovo agli occhi dei lettori. Poi, però, ritorna sui suoi passi e afferma di avere preso tanto da Caterina, ma di non aver dato nulla in cambio. Credo che attraverso questa citazione si possa capire appieno come Cesare stia prendendo consapevolezza e si stia pentendo del comportamento avuto durante la sua vita.
Alessia Paschetta, III A Liceo Linguistico – ” La tentazione di essere felici”
«Mi piacerebbe soccorrerti, aiutarti a salvarti, Emma, davvero, solo che temo di non esserne capace. Non mi è bastata una vita per imparare a porgere la mano senza tremare». Ho riflettuto tanto a partire da questa frase, perché qualche volta le persone pensano ai propri problemi, senza tener conto di quelli altrui, perché ritengono di essere in situazioni più difficili, chiudendosi quindi in una bolla. Qualunque individuo è completamente in grado di aiutare il prossimo.
Racca Marianna, V B Liceo Linguistico – “La tentazione di essere felici”
“Ecco, appunto, il non fatto. Ho impiegato più di settant’anni per capire che io sono lì, nel non fatto. La mia vera essenza, i desideri, l’energia e l’istinto sono conservati in tutto ciò che avrei voluto fare.” (pagina 53) Con questa citazione, Marone, l’autore di “La tentazione di essere felici”, esprime perfettamente l’ideale che pervade tutto il romanzo; attraverso il punto di vista di Cesare Annunziata, un uomo ormai anziano, egli vuole spronare i lettori a combattere per i propri sogni, a sforzarsi per realizzarli, a lavorare per raggiungere la propria felicità, poichè alla fine della nostra vita non ci rimarrà altro se non i rimpianti e i ricordi.
“Non so se avrei mai potuto fare il libraio, so, però, che nella vita a volte avverti un piccolo scampanellio accanto all’orecchio. Può capitare davanti a una donna, in un luogo specifico, mentre ti adoperi in qualcosa che ti piace. Ecco se dovessi dare un consiglio a mio nipote Federico, un solo consiglio, sarebbe questo: quando senti quel piccolo scampanellio, solleva il capo e drizza le orecchie, sei di fronte a uno di quegli snodi invisibili e ti assicuro che a sbagliare rotta basta un attimo.” (pagina 192)
Gloria Donna, III B Liceo delle Scienze Umane – ”La tentazione di essere felici”
“Vivere nella paura costante di un pericolo non serve a scongiurarlo, ma solo a gettare via un altro giorno della propria esistenza.”(pag. 106).
Ho scelto di mettere un segnalibro qui perché questa frase mi ha colpito molto: sottolinea infatti come la paura spesso contribuisca a “soffocare” una persona, impedendole di vivere.
“Fatevi pure tutto il male del mondo tu e tuo marito, ma tenete fuori Federico. Fatelo crescere lontano dal vostro odio, riparatelo dai vostri rimpianti, nascondetelo ai vostri sguardi privi di amore. E se proprio non ne siete capaci, lasciatevi. Un bambino che cresce senza uno dei genitori sarà forse un adulto incompleto e insicuro, ma chi cresce nell’odio e nella violenza non saprà mai amare. E non c’è torto peggiore che un genitore possa fare.”(pag. 210).
Ho messo un altro segnalibro qui perché il protagonista con queste parole ripercorre una situazione presente in molte famiglie: spesso i genitori non se ne rendono conto, ma i loro litigi si ripercuotono improrogabilmente sui figli che ne soffrono molto, magari senza mostrarlo direttamente, ma ne risentono e, come dice il protagonista, non riusciranno poi in un secondo momento ad amare.
Giulia Filippi, III A liceo delle Scienze Umane – ”La tentazione di essere felici”
“Te lo devono insegnare da bambino ad abbracciare, altrimenti dopo è tutto maledettamente più complicato “[pg.173]
Questa frase mi ha colpito molto: penso che rispecchi a pieno la freddezza e l’egoismo che riscontriamo ogni tanto nel nostro protagonista. Un esempio è il fatto che non sia mai riuscito a dimostrare affetto nei confronti dei suoi figli, che non sia mai andato ad abbracciarli per rassicurarli in qualunque tipo di situazione.
Marta Pautassi, III B Liceo delle Scienze Umane – “La tentazione di essere felici”
“Finirla di mettere inutili paletti mentali. Se segui l’istinto, non sbagli mai. Gli uccelli ogni anno migrano senza chiedersi il perché. Ecco, anche noi dovremmo fare altrettanto, muoverci di continuo e non porci troppe domande. Io me ne sono fatte tante negli anni e sono rimasto immobile. Ora devo recuperare, voglio migrare ogni giorno un po’”
Ho messo un “segnalibro” su questa citazione perché fornisce un’immagine della vita dell’uomo diversa da quella che siamo soliti avere nella società odierna, che ci impone di vivere seguendo delle regole, pensando sempre alle conseguenze e compiendo delle azioni solo pensando agli utili che ne potrebbero derivare. Questo, infatti, non è del tutto sbagliato in quanto può farci sentire più sicuri, ma anche incatenati, bloccati, incapaci di spiccare il volo. Al contrario, come dice la citazione, dovremmo vivere seguendo l’istinto, senza chiederci il perché, senza pensare alle conseguenze delle nostre azioni e sapendoci tante volte “buttare” nelle esperienze solo per il piacere e per la curiosità di viverle.
Francesca Marengo, III B Liceo delle Scienze Umane – “La tentazione di essere felici”
“Se ti dicono ripetutamente che sei un buono a nulla, alla fine ti convinci
di non poter essere altro che un buono a nulla” (pag. 167)
Ho scelto questa citazione in quanto rimanda al curioso “effetto Pigmalione” di Robert Rosenthal, in generale conosciuto come la “profezia che si auto-avvera”. Esso è uno dei fenomeni più noti e studiati in psicologia sociale. Introdotto per la prima volta dal sociologo Merton, dimostra l’influenza che esercitano le convinzioni sulla costruzione della realtà. In sostanza, le profezie auto-avveranti incidono significativamente sulla visione che gli individui hanno di loro stessi e sul modo di apparire agli altri, soprattutto se i forti condizionamenti arrivano da questi ultimi. Cesare Annunziata, il protagonista settantasettenne, infatti, riceve continuamente input dai quali comprende di essere un insulso. È per questo che, solamente all’ultimo, dopo aver incrociato i tristi occhi imploranti di Emma, la sua vicina di casa succube dei maltrattamenti dal marito, matura l’idea di dare una svolta alla sua esistenza, come gli suggeriscono insistentemente irritanti vocine che bisbigliano: “datti una mossa, non marcire in casa, fai qualcosa di folle, cerca di rimediare a tutto il ‘non fatto’ della tua misera vita” (pag. 53).
“Ecco, appunto, il non fatto. Ho impiegato più di settant’anni per capire che io sono lì, nel non fatto. La mia vera essenza, i desideri, l’energia e l’istinto sono conservati in tutto ciò che avrei voluto fare” (pag.53).
In ogni caso, meglio tardi che mai! Emerge infatti dalla lettura il forte desiderio di riscatto, il tentativo di essere ancora felici nonostante l’avanzata età e di guadagnarsi gli ultimi momenti di gioia e serenità che solo l’altruismo e l’amore possono donare.
Sofia Bonacossa, III A Liceo Scientifico – “La tentazione di essere felici”
“Emma non poteva essere salvata perché una parte di lei voleva aiuto ma l’altra parte sperava di non ottenerlo” .
Come è possibile? L’Amore, quello con la “A” maiuscola, non può essere violento. Mai, per nessun motivo deve esserlo.
La paura, il senso di solitudine, la profonda disillusione portano la vittima a chiedere auto, a tendere la mano verso una più forte, verso una che abbia il coraggio di dire “Adesso basta!” al posto suo ma, spesso, il senso di inadeguatezza e il senso di colpa la fanno nuovamente sprofondare nell’abisso della solitudine e torna a subire la violenza. Forse qualcuno ha detto: “Io ci sono…chiamami…”. Già, ma quando la violenza si è scatenata per l’ultima volta strappando definitivamente la vita, quell’offerta di aiuto dov’era?
La mano che dovrebbe accarezzarci e sostenerci non può essere che scatena la sua violenza ingiustificata su di noi. Questo non è amore e da quella mano bisogna fuggire sempre, fin dalla prima volta. Emma vive in un romanzo ma quante donne vivono questo dramma nella realtà? Una realtà lontana da noi? Purtroppo può anche essere vicina a noi, racchiusa nelle protettive mura domestiche e, come sappiamo, anche Fossano è stata toccata da questa ferocia.
Ho deciso di creare un segnalibro anche sulla frase “Nessuno si salva se non vuole essere salvato”, seppur non ritenendo di averla capita pienamente: spero non sia soltanto un’affermazione che ogni persona recita a se stessa per giustificare il proprio individualismo e soprattutto lavare la propria coscienza.
Angelica Musso, III A Liceo Scientifico – “La tentazione di essere felici”
“Il rimorso, cara Emma, è qui con me e mi sveglia ogni mattina. E sai cosa mi sussurra? T’incateni a qualcosa o qualcuno, ogni volta che non scegli.”
Durante la lettura ho segnato questo frase perché mi è sembrata quasi un consiglio ai giovani da parte del protagonista a non farsi trascinare passivamente dalla vita, a scegliere sempre, seppur sia spesso doloroso, per non rimanere incatenati, costretti a vivere una vita di rimorsi.
“Fatevi pure tutto il male del mondo tu e tuo marito, ma tenete fuori Federico. Fatelo crescere lontano dal vostro odio, riparatelo dai vostri rimpianti, nascondetelo ai vostri sguardi privi di amore. E se proprio non ne siete capaci, lasciatevi. Un bambino che cresce senza uno dei genitori sarà forse un adulto incompleto e insicuro, ma chi cresce nell’odio e nella violenza non saprà mai amare. E non c’è torto peggiore che un genitore possa fare.”
Ho annotato inoltre questo pezzo, a mio parere molto rilevante per la nostra società nella quale molte coppie che si separano, con le loro continue liti lasciano indietro dei figli che hanno sofferto, che crescono già disillusi, che non riusciranno a fidarsi degli altri, che hanno visto l’odio negli occhi dei loro genitori, quando da loro avrebbero dovuto imparare l’amore, creando così nei loro figli una ferita difficilmente rimarginabile.